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sabato, Luglio 27, 2024

“O capitano, mio capitano”, poesia di Walt Whitman

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foto x rubricaOh! Capitano, mio Capitano, il tremendo viaggio è compiuto, la nostra nave ha resistito ogni tempesta: abbiamo conseguito il premio desiderato. W. Whitman
Immagino che tutti voi lettori, o comunque la maggior parte di voi, abbiano letto o ascoltato almeno una volta nella vita questi versi. Ma comunque per chi ancora non lo sapesse, sono dei versi che compongono la poesia “O capitano, mio capitano”, poesia tra l’altro citata e resa filo conduttore del film “l’Attimo fuggente” di Peter Weir, scritta da Walt Whitman, poeta e scrittore statunitense dell’inizio ‘800. In questo articolo non parlerò delle sue raccolte poetiche, sarebbe un’analisi troppo lunga, piuttosto mi soffermerò a parlare in linea di massima dell’autore in generale e proverò a dare una mia spiegazione sul perché io ritenga che questo autore debba essere letto. Logicamente non sono qui per costringere nessuno, fortunatamente esiste il libero arbitrio e a me piace rispettarlo. Voglio cominciare dicendo che è un autore che può o potrebbe essere apprezzato, a mio modesto parere, da quei lettori che sono inclini alla poesia; ovvero da tutti coloro che provano un forte piacere nel cercare di dare un senso a quei testi che i poeti ci hanno lasciato in eredità. Io ad esempio sono una fanatica delle “analisi del testo a modo mio”, nulla da togliere ai grandi studiosi che si sono impegnati per capire il testo poetico per poi pubblicare saggi rispettabilissimi, ma io sono del parere che bisogna prima di tutto capire la poesia per se stessi e poi studiare la sua interpretazione. E Whitman ti consente di farlo, ti lascia libero di interpretare le sue parole come meglio credi, ti consente di farle tue anche se non sei stato tu a comporle. Whitman scrisse di tutto e trattò i temi più svariati, venne considerato cantore della libertà e di un ideale visionario che poneva l’uomo come momento centrale rispetto al senso di percezione e comprensione delle cose. Cantò soprattutto l’essenza di quello che diventò successivamente il così detto Sogno Americano e non si lasciò scappare temi riguardanti la sessualità e soprattutto l’omosessualità, in un periodo che comunque non lasciava molto spazio a temi del genere. Le poesie di Whitman non rientrano in quelle letture poetiche che con il suo linguaggio arzigogolato, impregnato di metafore, similitudini, onomatopee e quant’altro ti sfiniscono dopo solo due strofe di lettura. Whitman ha avuto l’accurata capacità di inserire ogni figura retorica nel modo e nel momento giusto, lasciando libero il lettore di interpretare la poesia nel modo che più gli aggrada, facendolo vagare in spazi interminabili di sogni, idee, concetti. Poesie che parlano di visioni oniriche, che parlano di speranza, amore, gioia e dolore, senza mai togliere al lettore il gusto della scorrevolezza della lettura.

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