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sabato, Luglio 27, 2024

Teresa e Giacomo

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Martina1Chi di voi almeno una volta nella vita non ha pensato di scrivere un romanzo, un racconto o soltanto una semplice storia d’amore? Magari autobiografica oppure che narri ciò che desideriamo ma che non abbiamo ancora trovato…. Era una casa che assomigliava ad una bellissima struttura gotica. All’interno però le ombre prevalevano sulla fioca luce emanate dalle candele e il legno aveva quel colorito scuro che si prende quando il sole non batte per tanto tempo su quei piani cosparsi di aloni di tristezza e solitudine che si presentava sotto forma di polvere. Su per le scale grigie di pessimismo un giovane chino sui libri sfogliava e ripeteva mentalmente il suo sapere. La sua stanza era bagnata dal sole proveniente dall’immensa finestra che dava sul balcone in cui lui sostava nei pochi minuti di riposo dallo studio che si concedeva e dove lui poteva immaginare altre terre e altri mari, posti dove tutto sembrava infinito ed eterno. Poi una voce soave, angelica levatasi dal basso gli solleticò le orecchie, inebriò la mente, riempì il cuore di speranza e gioventù come le parole poggiate sulle note di quella splendida melodia riportavano. La voce, candida e femminile,lo attirò verso il verone e lo invitò a guardare in basso. La sua vista rovinata gli permetteva solo di individuare i colori, così potè almeno scorgere la figura che si stagliava dentro il capanno di paglia. Scorgeva anche il ripetitivo movimento del braccio, sul telaio scuro. Si sentiva come Odisseo, ammaliato dalle fatali sirene, perché quel suono era talmente sovraumano che non poteva essere solo una donna, era una creatura del mare si disse. Non gli importava di dimenticare ,non gli importava, se quel canto avrebbe continuato,lui avrebbe potuto star lì per sempre e avrebbe corso il rischio di perdere le fila della lezione, avrebbe corso il rischio di dimenticare il suo sapere, di attraversare monti e valli, mari e oceani per ascoltare quella voce. Egli scese giù per le scale , corse ad aprire le finestre e fece entrare la giovinezza del sole da quei polverosi vetri che non erano scoperti da tempo infinito. Spalancò il portone e quando il liquido luminoso sfiorò i mobili, essi rinvigorirono,ripresero il colore originale, divennero più chiari, si impregnarono della luce e quando egli chiuse le porte dietro di se, i mobili continuarono a splendere. Usciva di rado e si meravigliò di quello spettacolo che la natura gli offriva:i fiori che avrebbero dovuto essere secchi,spuntavano rigogliosi dai cespugli alt; tutto intorno a lei sembrava essere nuovo e fresco e meraviglioso,. Ma era lei la vera bellezza di quel quadro. Lui pensò che anche un pittore cieco avrebbe potuto rappresentare quella scena, tanta era la luce che emanavano lei e la corona di fiori sulla sua testa. Si avvicinò a lei, piano. Non voleva distrarla dal suo lavoro e dal suo canto. Ma alla fine lei si destò dalle sue attività e finalmente lo guardò. Sorrideva e lui la paragonò alla venere di Botticelli, ma con i capelli neri. Si alzò e si mostrò in tutta la sua altezza, si sistemò la gonna stropicciata e fece una riverenza. <<buondì signor=”” padroncino.=””>> Era una sua serva? <> <> <> <> Giacomo fece in modo di assolverla dai suoi doveri, voleva passare tantissimo tempo con lei. E così fece. Ogni giorno, dopo aver studiato in poche ore quello che avrebbe dovuto fare in un giorno intero,Giacomo scendeva le scale e apriva le finestre mentre Teresa cantava e tesseva la bellissima tela ricca di disegni e latinismi. Un giorno durante una delle loro passeggiate pomeridiane sul monte Tabor, Teresa vide un nido, nascosto tra i rami di un alberello. All’interno dei bastoncini intrecciati c’era una mamma pettirosso che covava le sue uova. Presto si sarebbero schiuse, aveva detto lei e presto gli uccellini avrebbero preteso dei vermetti per colazione. Per quando si fossero schiuse lei e Giacomo avrebbero portato loro alcuni insetti. Poi continuarono la loro passeggiata, ma Teresa si fermo qualche ventina di metri dopo accasciandosi a terra e tossendo con lo sguardo appannato. Giacomo si preoccupò. Le andò vicino e le chiese. <> <> Detto questo si alzò e si sistemò la gonna e prese Giacomo per mano che venne attraversato da una scossa di piacere al contatto con la sua pelle… Cantinua..

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