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sabato, Luglio 27, 2024

Mario Schifano e Andy Warhol, tra Propaganda e America

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Mario Schifano, nato nella Libia italiana con il padre archeologo di origine siciliana, sbarcò per la prima volta a New York nel dicembre 1963 dove rimase fino al luglio 1964 -accompagnato in quella avventura la modella e attrice Anita Pallenberg, anno in cui venne inviato per la prima volta alla biennale di Venezia. Quest’arco temporale vissuto trascorso nella Grande Mela, fu per Schifano di grande solitudine anche perché venne accolto con una certa freddezza da parte degli artisti americani che guardavano con grande diffidenza l’Italia, ragione per cui l’arte italiana ha stentato non poco ad affermarsi.
In questo lasso di tempo (1962), Schifano utilizza per la prima volta le scritte pubblicitarie in occasione della partecipazione alla celebre mostra The new realist.
La sua produzione artistica procede di pari passo, senza che ognuno sapesse dell’altro, a quella di Andy Warhol, che aveva realizzato i primi dipinti Coca-Cola alla fine del 1961 quando creò tele a grandezza d’uomo della bottiglia di vetro.
Schifano ha una personalità sensibile e non ama stare al centro dell’attenzione; i problemi con la droga lo condurranno in prigione; ha abitudini che lui stesso definisce nevrotiche come restare chiuso in una stanza con 30 televisori accesi allo stesso momento e sintonizzati sullo stesso canale. La stampa del suo tempo lo cita tra gli artisti maledetti, mentre Goffredo Parise lo descrive come “un piccolo puma di cui non si sospetta la muscolatura e lo scatto, che lascia dietro di sé l’impronta nitida e misteriosa dell’eleganza”.

Anche se i due artisti attingono alle medesime fonti, l’approccio è molto diverso.
Se da un lato la pittura intesa come presa di coscienza individuale è la sfida protagonista, dall’altro prevale una differenza non di poco conto come la componente oggettiva della riproducibilità fotomeccanica.
Lo stesso Schifano ha sottolineato come la sua ricerca sia fondata su un costante sentimento di precarietà distante dai dogmi dell’arte americana e il titolo Propaganda che accomuna i lavori con i loghi della pubblicità, appare una critica evidente nei confronti del sistema e proprio durante il suo primo viaggio newyorkese, Schifano si allontana dall’ America pop e il dialogo più efficace, risulterà quello con il poeta e scrittore Frank O’Hara che lo introdusse negli ambienti della Beat generation, dove conobbe Allen Ginsberg, Bill Berkson e il jazzista Charles Mingus.

Dal canto suo, Andy Warhol, subisce sin da giovanissimo il fascino dello Star-system e dopo aver lavorato per dieci anni come grafico pubblicitario, dipinse l’immagine iconica della Coca‑Cola per la prima volta negli anni Sessanta quando non era un artista celebre e quelle furono alcune delle sue prime immagini ispirate alla Pop-Art.
Ma Warhol sognava di poter esporre le sue opere nelle gallerie d’arte di New York e quando decise di passare dalle illustrazioni ai dipinti a olio, si ispirò a oggetti che facevano parte della sua quotidianità: prodotti di largo consumo come la Coca‑Cola che beveva di frequente, e la zuppa Campbell che consumava a pranzo tutti i giorni.
Un decennio dopo aver scelto per la prima volta la bottiglia Coca‑Cola come musa ispiratrice, parlò apertamente della democraticità della Coca‑Cola nel suo libro “La filosofia di Andy Warhol, da A a B e viceversa”.

Al di là del fatto che Schifano era ingovernabile sotto il profilo commerciale, e lo dimostra la rottura del contratto con la gallerista Ileana Sonnabend, le ragioni di un allontanamento tra i due è motivato da ragioni estetiche. La Sonnabend, non accettava l’evoluzione della ricerca di Schifano che avrebbe dovuto continuare a replicare monocromi, così come i lavori della propaganda inaugurata nel 1962 dove compaiono le scritte della Coca-Cola o della Esso. Incomprensioni dovute da un lato alla logica di mercato della Sonnabend; dall’altro, un vizio di forma incompatibile con le reali aspirazioni dell’artista: le sue superfici monocromatiche non prevedevano, come avrebbe voluto la Sonnabend, l’azzeramento della pittura o il suo congelamento ma si ponevano come spazi aperti, destinati ad accogliere l’inesauribile flusso delle immagini.

Percorsi artistici e storie personali differenti che li hanno portati inevitabilmente a opere dissimili: plasticità e immobilità per Warhol, il segno del movimento per Schifano.
Schifano e Warhol rimangono i due artisti che hanno favorito il confronto con la società di massa scommettendo sul rapporto tra quantità e produzione artistica, tra Pop Art e Classicismo e contribuendo a determinare il crollo dei confini tra cultura alta e cultura bassa.

Rosalba Pipitone

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