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venerdì, Aprile 26, 2024

Psicologa sospesa dall’Ordine torna al lavoro con un provvedimento d’urgenza

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Fu sospesa dall’Ordine professionale perché non aveva adempiuto all’obbligo vaccinale imposto per legge come misura di contrasto e prevenzione alla diffusione del Covid-19 per esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che operano all’interno di strutture sanitarie, socio sanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali.

L’inosservanza, si legge nel Decreto-legge 1/04/2021, n. 44, determina la sospensione dall’esercizio dell’attività professionale o prestazione lavorativa implicante contatti interpersonali o comportante, in qualsiasi forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.

Torna invece al lavoro la psicologa toscana assistita dal legale avv. Raul Benassi e reintegrata dal Tribunale civile di Firenze con un provvedimento d’urgenza siglato dalla giudice della seconda sezione civile Susanna Zanda che ha accolto molte delle osservazioni presentate nel ricorso.

La giudice ha riconosciuto che l’esercizio della professione della psicologa è l’unica fonte di sostentamento e potrà quindi esercitare in qualunque modalità, da remoto o in presenza, al pari dei colleghi vaccinati.

“Non può essere costretta –si legge nelle motivazioni della giudice del provvedimento d’urgenza- a sottoporsi a vaccini sperimentali talmente invasivi da insinuarsi nel Dna, alterandolo in modo che potrebbe risultare irreversibile con effetti a oggi non prevedibili per la vita e la salute. A tutt’oggi dopo due anni ancora non si conoscono i componenti dei sieri e gli effetti a medio e lungo termine come scritto dalle stesse case produttrici mentre si sa che nel breve termine hanno già causato migliaia di decessi ed eventi avversi gravi”.

Inoltre, la giudice cita l’articolo 32 della Costituzione: “Dopo l’esperienza del nazifascismo non consente di sacrificare il singolo individuo per un interesse collettivo vero o supposto e tantomeno consente di sottoporlo a sperimentazioni mediche invasive della persona, senza il suo consenso libero e informato”.

Per la giudice “un consenso informato non è ipotizzabile allorquando i componenti dei sieri e il meccanismo del loro funzionamento è, come in questo caso, coperto non solo da segreto industriale ma anche, incomprensibilmente, da segreto ‘militare’.

Rosalba Pipitone

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