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martedì, Novembre 12, 2024

Teatro Andromeda, tra onirico, surreale, classicismo e arte concettuale

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Si giunge a Rocca Reina attraversando i monti Sicani e passando per S. Stefano Quisquina, piccolo borgo medievale in provincia di Agrigento, per ammirare a 1.000 metri di altitudine quella che sembra librata a mezz’aria tra cielo e terra e che è a tutti gli effetti una vera e propria fattoria didattica artistica, un laboratorio di idee a cielo aperto: il Teatro Andromeda, immerso in un panorama che riesce a cogliere il mare di Sciacca, il Canale di Sicilia e l’isola di Pantelleria.

Artefice di questo splendore è Lorenzo Reina, figlio unico maschio di una famiglia dedita alla pastorizia che, se da un lato l’amore e l’attaccamento alle proprie radici lo portavano a non andare oltre un destino per lui già tracciato, dall’altro, Lorenzo, che già all’età di 7 anni nutriva la passione per la poesia e l’arte, nel corso degli anni, diventa appassionato oltre che di scultura, anche di filosofia, storia, astronomia scienze naturali, e da autodidatta trasforma il suo ovile in un teatro unico nel suo genere scolpendo ingegnosamente pietre nel luogo in cui da bambino portava le pecore a pascolare.

“Andromeda”, omonima costellazione da cui prende nome, perché molto tempo prima, Lorenzo lesse in una rivista la tesi secondo cui tra circa quattro miliardi e mezzo di anni, Andromeda entrerà in collisione con la Via Lattea.

Il teatro conta 108 posti a sedere creati con dei blocchi di pietra cubici che guardati dall’alto hanno la forma di stelle a otto punte per quello che è definito dallo stesso Reina “un luogo non adatto a persone non educate al silenzio”; del resto, come potrebbe essere diversamente per un luogo che alla fine di un sentiero circondato da boschi, frutteti, vigneti, uliveti e un piccolo spazio per le erbe officinali, sembra trascendere la vita terrena.

Percorrendo il sentiero che porta al teatro, si vedono emergere le prime classicheggianti e concettuali sculture scolpite pietra dopo pietra che accompagnano fino alla porta di ingresso del teatro, e che danno l’idea di essere in simbiosi con la natura, come se tutto fosse stato così da sempre e allo stesso tempo è possibile percepire la continua evoluzione, come qualcosa di vivo, eterno, mai fisso, mai stabile, in continuo divenire, senza tempo.

Si accede al teatro attraverso una porta in metallo che ruota intorno al proprio asse ed è ispirata al moto di rotazione della terra e all’alternarsi del giorno e della notte; infatti quando è chiusa, su un lato batte il sole,e sull’altro c’è l’ombra.

Varcare quella soglia significa entrare in un’altra dimensione, lo scenario è surreale e onirico anche per le opere di artisti amici che qui trovano suggestiva collocazione, come lo splendido Icaro morente di Giuseppe Agnello, scultore di Racalmuto; significa entrare nel mondo interiore di Lorenzo Reina, quel mondo che nel teatro e nella scultura ha preso forma incontrando l’immaginario degli spettatori in quella che è “la terra di mio padre – dice Reina- la terra dove ho seguito le sue orme di pastore. Sono sempre stato appassionato di scultura e mi ci sono dedicato sin da piccolo, ma solo quando presi in mano le redini dell’azienda familiare, decisi di unire le cose creando la Fattoria didattica, il Museo e il Teatro Andromeda realizzando così il mio più grande sogno”.

Il teatro è circondato da una cinta di pietre scavate dalla terra con le proprie mani, colorate con acqua e curcuma, che richiama gli antichi ovili siciliani.

Il momento magico si raggiunge il 21 di giugno di ogni anno quando, in occasione del solstizio d’estate, la luce del sole colpisce il disco metallico posto sopra la finestra alle spalle del palco, proiettando un cerchio d’ombra al centro del palcoscenico. Contemporaneamente, all’ora del tramonto, un raggio di sole attraversa la bocca della Maschera della Parola, scultura posta lungo il cammino che conduce al Teatro.

Rosalba Pipitone

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