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martedì, Novembre 12, 2024

Palermo Connection, una riflessione sulla cultura del tacito consenso

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Petra Reski è una pluripremiata giornalista d’inchiesta e scrittrice tedesca che vive stabilmente in Italia dal 1989, nota per la sua produzione letteraria di denuncia sulla criminalità organizzata.

In Italia venne alla ribalta nel 2009 soprattutto con la pubblicazione di “Santa Mafia” (Nuovi Mondi Edizioni, 2009) che è costato all’autrice minacce di morte, denunce penali, querele, migliaia di euro di risarcimento versati all’imprenditore italiano S.P., e la condanna da parte del tribunale tedesco all’oscuramento di alcune pagine.

È dell’ottobre 2018 la pubblicazione di “Palermo Connection” (Fazi Editore), un libro che a tratti potrebbe apparire desolante per lo sconsolante finale che vede, non distante dalla realtà, la vittoria del più “forte”, del male sul bene.

I personaggi che corredano la trama del libro non affatto bravi, buoni, gentili, perfetti, anzi, per lo più sono oscuri e ambigui come il pentito Marcello Marino, il direttore del giornale tedesco di Wieneke, il Procuratore Di Salvo, il senatore Enrico Gambino.

Tuttavia, questi oscuri personaggi fanno da contrappeso in un giusto equilibrio di specchi ad altri come Wolfgang Widukind Wieneke, il rigoroso giornalista/reporter investigativo tedesco che fa delle sue doti come arguzia, costanza e precisione, spiccate virtù divenendo la “voce” del romanzo; Antonio Romano, il poliziotto che tutta la Sicilia sognerebbe e Vito Licata, fidatissimo amico e collega della protagonista, amante della giustizia a qualunque costo.

Ultima ma non ultima, la protagonista del romanzo, Serena Vitale, la Procuratrice antimafia figlia di un emigrato italiano in Germania tornata in Sicilia dopo l’infanzia trascorsa nel bacino della Ruhr e che decide di mettersi in gioco in prima persona per portare in tribunale per collusione mafiosa un personaggio politico di spicco.

Leggendo Palermo Connection si ha da subito la sensazione, la percezione, che l’autrice abbia volutamente messo dei nomi fittizi per raccontarne un’altra di storia in forma romanzata, parafrasandola e accentuando i contenuti con cinico realismo, quella della trattativa Stato-Mafia degli anni Novanta.

Un illustre giudice impegnato nella lotta contro la mafia viene assassinato, e dalle dichiarazioni del pentito Marcello Marino, la Procuratrice della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo cita in giudizio il ministro Enrico Gambino, con l’accusa di “concorso in associazione mafiosa e complicità in attentati”.

Il processo balza agli onori delle cronache nazionali, e sono in molti a far terra bruciata attorno alla Procuratrice accusata di essere una pedina dell’opposizione per far cadere il governo.

Non meno importante il ruolo del giornalista del giornalista Wieneke, che inizialmente si trova a Palermo per uno scoop ma finisce in un gioco più grande di lui, insieme al capo del reparto operativo mobile di Palermo, Antonio Romano.

Lo stile narrativo adottato è quello del taglio giornalistico anche se a brevissimi tratti ironico, sarcastico, che lascia una punta di amaro in bocca.

Un libro che invita alla riflessione anche sugli stereotipi dell’isola, sulla subcultura che ne ha fatto per buona parte della mafia con le sue connivenze, la cultura del tacito consenso.

Rosalba Pipitone

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